Lui ha passato la cinquantina, capelli corti, brizzolati, e una lunga storia cooperativa che gli brilla nello sguardo deciso. Nessuna ingenuità in lui, ma la consapevolezza di una sfida lunga una vita che non smette di appassionarlo: accompagnare al lavoro persone che il mercato espelle. Perché chi lavora nelle cooperative di inserimento lavorativo lo sa: dalla possibilità di avere un lavoro passano -soprattutto per persone fragili- non solo un reddito, ma anche relazioni, fiducia nelle proprie capacità, riconoscimento del proprio valore e delle proprie competenze… passa quello che dal lavoro, bello o brutto che sia, passa per tutti: una parte importante della nostra vita.
Lui, Fabio Ferri, è il presidente della cooperativa sociale di inserimento Alveare di Bollate, 20 anni di storia, che a vederla sembra un posto di lavoro come tanti altri: in un’area industriale recuperata alla periferia di Milano circondata da altre imprese e qualche ufficio, c’è il loro capannone. Dentro, una quarantina di persone si affaccendano tra lunghi tavoli da lavoro ad assemblare componenti, confezionare scatoloni, gestire pratiche amministrative con un grosso display che monitora commesse e consegne. Dietro, negli uffici, c’è la squadra che si occupa di marketing digitale e smanetta tra computer e studi di dati.
Sembra un’impresa… e lo è, ma fa il miracolo che fanno le cooperative di inserimento lavorativo: almeno un terzo dei loro dipendenti non troverebbe occupazione nel mercato del lavoro: sono persone con disabilità fisica o psichica, o hanno alle spalle storie di dipendenza, di carcere, di gravissima emarginazione. E in queste cooperative invece trovano lavoro, formazione, accompagnamento a rimettersi in gioco per costruirsi un progetto che spesso non è solo di lavoro, ma anche di vita. La cooperativa Alveare per altro ne ha assunti 26, più di due terzi, ben oltre i minimi stabiliti dalla legge… per dire.
Sembra lavoro… e lo è, ma è anche una rivoluzione ostinata e gentile, perché la collaborazione tra Alveare e Amazon sta favorendo l’inserimento lavorativo di persone con disabilità nella multinazionale americana in un percorso di confronto e miglioramento quotidiano. E lo fa a partire da quello che per le cooperative di inserimento lavorativo è valore centrale: leggere di ogni persona -al di là delle difficoltà- le potenzialità, le competenze, le motivazioni, i desideri… e accompagnarli nel diventare un progetto di lavoro.
E’ andata così: Gli inserimenti lavorativi di persone con disabilità fino ad alcuni anni fa risultavano complessi. ‘Cercavano persone pronte per il lavoro -racconta Fabio- e non le trovavano anche perché applicavano tecniche di selezione del personale che in alcuni casi non tenevano conto delle best practice da adottare con persone con disabilità’. Ad Amazon i colloqui sono molto centrati sulle attitudini personali, per cui è abbastanza usuale sentirsi fare domande che non hanno a che fare con le mansioni da svolgere, ma indagano il modo in cui le persone hanno gestito situazioni critiche o affrontato una sfida nuova o raggiunto grandi risultati. Ad esempio può capitare di sentirsi chiedere ‘raccontami di una volta in cui hai gestito qualcosa al di fuori dalla tua area di responsabilià?’ oppure ‘raccontami di quando non hai solo raggiunto un obiettivo ma sei andato ben oltre le aspettative’. Questo genere di domande indaga l’adesione ai Leadership Principles di Amazon, che, pur essendo prettamente attitudinali, possono essere non facili da applicare per persone con scarsa esperienza lavorativa, oppure per una persona non vedente, autistica o con importanti minorazioni motorie.
Amazon allora (era il novembre del 2018) si è messa a cercare una cooperativa sociale con cui collaborare per l’inserimento lavorativo: esiste infatti un dispositivo normativo (l’articolo 14 della legge 68/99) che consente alle aziende l’assunzione di persone disabili attraverso le cooperative sociali di inserimento lavorativo affidando loro commesse di lavoro sufficienti a coprire il costo dei lavoratori inseriti. Amazon è Amazon, e quindi ha cercato on line. Alveare è Alveare, e fa marketing digitale molto bene: è così che si sono conosciuti.
All’inizio l’idea era semplicemente quella della delega ad Alveare di servizi di profilazione di clienti che la cooperativa poteva svolgere assumendo disabili e facendosi carico del loro percorso verso il lavoro. Ma la rivoluzione è iniziata trasformando una delega in una relazione costruttiva tra Amazon, la cooperativa e la persona inserita.
Le prime 4 persone individuate per i tirocini inizialmente non parevano adatte. La scommessa di Alveare è iniziata qui: hanno raccolto la sfida e hanno aperto i 4 tirocini lavorando in parallelo su tutti i fronti: la cooperativa si è messa in gioco ‘andandosi a prendere’ le 4 persone, sostenendole, accompagnandole, adattando il percorso lavorativo alle loro caratteristiche. I 4 tirocinanti si sono messi in gioco affrontando paure e resistenze, misurandosi con un lavoro che appariva difficile da reggere. Amazon si è messa in gioco a sua volta, accettando un percorso non ortodosso (che per una impresa da 10mila dipendenti e fatturati miliardari non è scelta scontata).
Non è neanche da dire: i 4 tirocini sono diventate 4 assunzioni, e da qui ne sono nate molte altre. 14, per l’esattezza… ma i numeri continuano a crescere. E anche se qui li citiamo come numeri, sono persone e storie, come quella di Paolo, che ha 28 anni e -giovanissimo- è rimasto paralizzato per un grave incidente. Quando ha ricevuto la proposta di lavoro Paolo in prima battuta avrebbe voluto rifiutare: abita lontano da Milano, temeva di non farcela a reggere la fatica degli spostamenti, la tensione del lavoro… pensava di non essere bravo abbastanza malgrado la laurea, malgrado il desiderio di provarci. Alveare ha costruito per lui un percorso su misura: ha alternato lavoro in presenza e a distanza, lo ha accompagnato nell’apprendimento di un lavoro che era nelle sue corde anche se lui non ci credeva, lo ha sostenuto, formato, preparato… e non solo Paolo oggi supporta con successo attività di vendor management, e presto potrebbe continuare il percorso di crescita professionale direttamente in Amazon.
Già, perché anche l’azienda è cambiata nel frattempo: Amazon, che noi vediamo come troppo grande per essere davvero flessibile, nell’incontro con Alveare è cambiata (che poi è questo che succede quando un incontro avviene davvero). La referente del personale ha fatto un corso per disability manager, ha implementato nuove prassi per migliorare il modo in cui Amazon affronta in colloqui con le persone con disabilità, ed è lei, oggi, che forma i colleghi all’accoglienza e alla scelta delle mansioni più adatte alle persone con difficoltà che entrano in azienda, e sta predisponendo dei cambiamenti nelle sedi aziendali per renderle ancora più adatte per l’inserimento di persone con disabilità.
Eccola, la rivoluzione ostinata e gentile di Alveare. Ostinata nella determinazione al cambiamento, gentile nella ricerca di alleanze per cambiare e rivoluzionaria negli esiti: non accettare l’idea di un mercato del lavoro rigido che ‘passa al setaccio’ le persone per selezionare ‘le più adatte’. Anche il lavoro è un incontro in cui mettersi in gioco, e in un incontro tutti hanno uno spazio di possibilità.
Se non fosse una rivoluzione sembrerebbe una favola col lieto fine, così rubiamo il finale alla Cenerentola di Rossini che nell’aria conclusiva canta a gran voce ‘tutto cangia a poco a poco, cessa al fin di sospirar’.