SCIENZA E FILOSOFIA 12 APRILE 2020 (Il sole 24 ore)
Antropocene. Oggi la distinzione tra storia umana e storia naturale è finita per sempre ma c’è tempo per riscrivere il racconto della Terra e plasmare un futuro non catastrofico
La nascita del nuovo millennio ha raccolto su di sé tanti investimenti
simbolici, apocalittici, fantascientifici… Investimenti che l’hanno preceduta e hanno accompagnato la sua attesa. Un virus millennial e globalizzato li sta rigenerando. Forse per questa sua capacità di essere attrattore simbolico, lo stesso anno 2000 è stato anche l’anno in cui nel modo più deciso e formale è stato proposto il nome Antropocene, per battezzare la nuova era in cui si troverebbe la storia della Terra. Padrini di questo battesimo furono il premio Nobel Paul Crutzen e l’ecologo Eugene Stoermer. Celebre è in particolare diventata l’esclamazione, una vera e propria chiamata alle armi, di Crutzen: «Siamo entrati nell’Antropocene!». Esclamazione in certo senso irritata nei confronti dei colleghi che si ostinavano a tenere il nostro tempo nell’Olocene.
Insomma, il nuovo millennio si apre con, all’ordine del giorno, un impellente sfida: riscrivere il racconto della storia della Terra, aprendo un nuovo capitolo, destinato non solo a delineare nuove prospettive per pensare il futuro, ma anche a imporre una riscrittura dei capitoli precedenti. La storia dell’uomo è, da sempre, la storia della scrittura di questo racconto.
Fin dai tempi più antichi e nelle civiltà più lontane, troviamo miti che narrano delle origini del cosmo, della Terra, dell’uomo. E che, pure in vari modi, narrano del rapporto degli uomini con il mondo. A ciò hanno concorso, in particolare, le tradizioni che sono alle radici della nostra civiltà: la greca e l’ebraica. Gaia, la dea della Terra, che emerge dal vuoto per generare la vita; Prometeo, che crea il genere umano plasmandolo dall’argilla e che poi consente agli uomini di prosperare grazie al dono del fuoco; il Dio creatore onnipotente della Bibbia, che motiva la singolarità dell’uomo nella creazione e poi, dopo la cacciata dal Giardino dell’Eden, la sua condanna alla fatica nel coltivare la terra… Storie diverse, ma convergenti nel definire il senso dell’umanità attraverso la sua posizione centrale nel creato.
È proprio il senso di queste storie che si troverà a dover essere riscritto all’origine della nostra età moderna, dopo la radicale rivoluzione che susciterà l’esplorazione dello spazio profondo, e il passaggio, così bene ricostruito da Alexandre Koyré, dal mondo chiuso all’universo infinito. E poi, dopo la rivoluzione di Charles Darwin, che tuttavia avrebbe avuto bisogno di altri due secoli, dopo Copernico, per compiersi e per delineare una riscrittura complessiva. Le origini dell’universo, della Terra e dell’uomo erano infatti ancora confinate nei 6.000 anni in cui le avevano racchiuse la narrazione biblica e i miti antichi. E furono per lo più considerate origini coeve, che nel 1650 James Ussher determinò precisamente nel 4004 a.C.. Anche Isaac Newton ne era convinto.
Attraverso il lavoro di grandi naturalisti, come nel XVIII secolo Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon, e poi di geologi, nel XIX secolo, in primis Charles Lyell e Lord Kelvin, i tempi delle origini si dilatarono in dimensioni poco prima inconcepibili, separando e distanziando enormemente le origini dell’universo, della Terra e della specie umana.
Suscitarono così anche l’esplorazione del tempo profondo, le cui immense dimensioni si rivelarono indispensabili affinché Charles Darwin potesse appunto affermare la sua nuova idea della vita, che chiamò evoluzione: perché questa potesse accadere, c’era infatti bisogno di tempo, tanto più tempo del tempo “chiuso” nei 6.000 anni che fino ad allora anche la comunità scientifica aveva recepito dalle narrazioni tradizionali. Fu riscritta la storia dell’universo, della Terra, della specie umana, in una cronologia dilatata fino ai miliardi di anni. Il posto dell’uomo nella natura si trovò ridimensionato e decentrato, fisicamente e simbolicamente. L’Antropocene è certo un ulteriore capitolo di questa riscrittura. Tuttavia, sembra per certi versi persino contraddirla, ed esigere appunto una riscrittura del tutto nuova, che intrecciando visioni antiche e prospettive inedite affronti ancora una volta il problema del senso dell’esistenza umana, e del suo rapporto con la natura. Erle G.Ellis ha scritto un libro importante e utile, che fa il punto su questa riscrittura. Antropocene. Esiste un futuro per la Terra dell’uomo? E non si può sottacere il fatto che l’edizione italiana del libro nasce da una originale e creativa sinergia fra Slow Food Editore, l’Università di Scienze Gastronomiche di Polleno e l’editore Giunti, con la sapiente curatela di Gianfranco Bologna, instancabile anima del Comitato scientifico di WWF Italia.
Nei miti delle origini, l’uomo era collocato in una posizione centrale, ma le «grandi forze della natura» erano divine. Poi, nella scienza moderna, le «grandi forze della natura» sono diventate processi di natura fisica, chimica, biologica, e l’uomo ha perso la sua centralità, cosicché i processi della natura hanno potuto essere studiati separatamente dallo studio della storia umana. Nella prospettiva dell’Antropocene, l’uomo ritorna in certo senso al centro, e in una condizione strettamente intrecciata alla natura. È una nuova rivoluzione.
I sistemi sociali e umani sono diventati una vera e propria antroposfera, che sta sostenendo attivamente una biosfera antropogenica. Pionieri di questa concezione sono stati grandi scienziati come, fra gli altri, il geochimico Vladimir Vernadskij, l’astrofisico Carl Sagan, il geologo James Lovelock, la microbiologa Lynn Margulis…
Alla base dell’ipotesi dell’Antropocene c’è la concezione della Terra come un unico sistema dinamico complesso, autoregolato, con componenti fisiche, chimiche, biologiche e umane. E c’è la concezione del cambiamento causato dall’uomo come un processo complesso, cioè multidimensionale, che perciò richiede una spiegazione multicausale, in grado di intrecciare cambiamenti sociali, politici ed economici umani con le loro diverse conseguenze ambientali, fisiche, chimiche, geologiche, su scala locale e globale. A causa di questo groviglio, natura e società sono diventati una cosa sola. Con l’Antropocene, la distinzione tra storia umana e storia naturale, insomma, è finita per sempre.
In questa prospettiva, Ellis può affermare così che non è Homo sapiens in senso generico che sta trasformando la Terra, ma che persone e società diverse la trasformano, la potranno trasformare, in modi diversi. E che, dunque, chiamare il nostro tempo Antropocene, senza porci tale questione, distoglie l’attenzione dal vero «colpevole» del cambiamento ambientale antropogenico, nonché dalla necessità di nuove strategie di governance, consapevoli del fatto che i recenti cambiamenti ambientali sono inediti e straordinariamente complessi e consapevoli di dover affrontare le disparità che caratterizzano sia le popolazioni umane sia i cambiamenti ambientali che esse creano. Insomma, l’Antropocene non è solo un’ipotesi scientifica. Ma, come osserva Ellis, è un «periodo di tempo riflessivo» sul significato e sulle implicazioni di una nuova era dell’uomo, un momento in cui l’uomo reinventa il significato di essere umano. È motivo di ispirazione per artisti, architetti e designer. Suscita riflessioni in ambito politico ed etico. Ed è una sfida a concepire programmi educativi nell’orizzonte transdisciplinare di una storia globale, ben al di là delle frammentazioni e provincializzazioni dei programmi attuali, e in grado di collegare «i processi e gli eventi storici a partire dal Big Bang fino ad arrivare al presente, per poi spingersi nel futuro». È una sfida a cambiare il modo in cui conosciamo il mondo, nel tempo in cui cambiamo il mondo come lo conosciamo.
Insomma, conclude Ellis, «l’Antropocene ci dice che gli uomini, nel loro complesso, sono una forza della natura. La sua storia è appena iniziata e sulla strada davanti a noi esistono diversi tipi di Antropocene, alcuni migliori, altri peggiori. C’è ancora tempo per plasmare un futuro in cui la natura umana e quella non umana prosperino insieme per millenni». E già tenere aperto questo futuro è di per sé un atto prometeico.
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Antropocene: Esiste un futuro
per la Terra dell’uomo?
Erle G. Ellis
Giunti, Firenze, pagg. 224, € 18
Mauro Ceruti