… sostenere lo sviluppo sia soprattutto per dotarci di un “salvadanaio” anti-crisi. Questo modo di agire ci ha già permesso di affrontare la crisi del 2008 e, anche se in quest’anno Covid la nostra impresa non ha avuto grandi difficoltà, credo sia comunque questa la strada per salvaguardare il nostro domani. Un altro ingrediente della nostra ricetta imprenditoriale, che penso sia strategico, è quello della ricerca di un rapporto di fiducia e collaborazione con i nostri fornitori; certamente dare più valore al servizio e al rapporto fiduciario ha un prezzo economico ma permette a tutti di resistere nei momenti di difficoltà. Credo anche che l’attenzione ai collaboratori e ai lavoratori sia fondamentale e quindi è per noi motivo di continua riflessione. Per fare un esempio, in quest’ottica, abbiamo presto intenzione di inserire una palestra in azienda e dotare la stessa di un orto, gestito da una cooperativa sociale per produrre verdura da offrire a chi lavora con noi come pezzo aggiuntivo del welfare aziendale.

Per garantire il futuro dell’azienda e il benessere di coloro che ne fanno parte quali funzioni o attività della stessa sarebbe disposto a mettere in secondo piano?

Certamente comunicazione e pubblicità; nel nostro settore non servono, servono solo a dar lustro all’imprenditore. Mi chiedono spesso di collegare il nome della nostra azienda ad eventi sportivi o di vario genere ma a noi non interessa; preferiamo investire quei soldi per i nostri lavoratori che si devono sentire soddisfatti di lavorare con noi. Anche il marketing non ci interessa; in bilancio rappresenta il 2% del fatturato.

Diciamo che siamo disponibili a rinunciare al superfluo ma non rinunceremmo mai al legame con il territorio, con le nostre origini.

Qual è secondo lei una strategia vincente per il futuro produttivo del Paese? Quali elementi occorre rinforzare e quali abolire?

Credo che il fatto di essere troppo globalisti crei problemi. Faccio l’esempio del filo zincato per i raggi delle biciclette: era per noi un settore forte, ma con l’apertura delle frontiere e dei mercati, al prezzo del cerchione arrivava in Italia l’intera bicicletta dalla Cina. Alla fine l’azienda Italiana di biciclette è stata venduta alla Cina e l’Italia si è occupata solo di commercializzazione perdendo tantissimi posti di lavoro. Se fosse stata controllata la globalizzazione avremmo tutelato maggiormente i nostri mercati interni diminuendo la disoccupazione ed evitando la distruzione del tessuto produttivo del paese. Personalmente tutelerei maggiormente i mercati con la tassazione dei prodotti d’importazione e penalizzerei le imprese che delocalizzano.

Credo molto nella politica ambientale, anche nel settore siderurgico; si potrebbe fare come in Germania dove il secondo produttore di acciaio è riuscito ad investire in un alto forno ad idrogeno con il finanziamento della regione. Credo nel Futuro green con l’economia circolare anche in Italia, ma dovremmo raggiungere l’autonomia elettrica. So che sto per dire una cosa scomoda ma ricordo che una centrale nucleare fa meno scorie di un anno di smog e nell’arco Alpino, qui vicino a noi, abbiamo almeno 27 centrali nucleari dei nostri amici confinanti.

Quale metafora pensa rappresenti meglio la sua mission aziendale e quale il tessuto produttivo del Paese?

Nei test attitudinali spesso inseriscono un esercizio nel quale ti viene chiesto di unire con non più di 4 linee 9 punti disposti a formare un quadrato; per risolvere questo esercizio devi andare fuori dallo schema con i segmenti; ecco, questa è la metafora della nostra azienda: uscire dagli schemi, pensare oltre ed andare oltre il limite, uscire dalla zona comfort perché la paura non porta a nulla.

Mentre per il Paese spero solo che gli Italiani e le imprese italiane si rinnamorino dell’Italia, che tornino ad affezionarsi al bel Paese.

Quale legame strategico tra impresa-finanza-parti sociali?

Per me è necessario seguire il modello tedesco di condivisione dei problemi e di interazione continua tra le parti facendole anche sedere in Consiglio di Amministrazione.

Faccio un esempio: quando ho dovuto investire 4.000.000 di euro in un impianto di cogenerazione ho avuto moltissimi problemi perché il pubblico non capiva cos’era; se ci fosse stata interazione continua avrebbero vissuto il progetto fin dall’inizio e penso lo avrebbero capito e non ostacolato.

Coinvolgere il territorio e la comunità nella gestione dell’impresa credo sia una sfida ma anche un modello virtuoso che porta benefici a tutti gli attori coinvolti.

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